Seguendo la rotta della “Costa degli Etruschi, La Strada del Vino e dell’Olio” questa volta ci troviamo in Toscana, precisamente nella Val di Cornia. Un territorio strappato alle acque nel secolo scorso, la cui componente mineraria del suolo ricorda la naturale prosecuzione dell’Isola d’Elba. Qui si incontrano diverse correnti provenienti dal Golfo di Follonica che rinfrescano le vigne, laddove il clima diventa arido e soffocante, favorendo escursioni termiche e sanità delle uve. Un territorio che spesso vive nell’ombra di denominazioni vicine, ma che merita di essere approfondito ed esplorato nelle sue diverse interpretazioni. La scelta di questa piccola cantina e la sua conduzione non vuole essere una provocazione, semplicemente la descrizione di un viaggio e la scoperta di una realtà autentica, spassionata, di qualità, good vibes che ancora conservo dentro di me!
“La biodinamica è filosofia, pensiero, interpretazione del divenire che si tramuta in metodo, in dinamismo applicato che prende forma. Si insinua nel terreno, nelle radici fitte ed intricate come nidi di ragno, che lo abitano, lo respirano e si fondono con esso”
Questo viaggio, del tutto inaspettato, comincia così.
La cornice naturale è offerta da Suvereto e dalle colline Metallifere alle sue spalle. Non sono un amante dei fuori pista, o meglio la mia macchina non lo è, ma questa volta il panorama ha messo d’accordo entrambe. Dal piccolo paesino medievale, infatti, ci inoltriamo nell’entroterra, serpeggiando tra di esso sino a raggiungere l’apice nella località chiamata Belvedere. Non molto tempo fa scrissi del paesaggio che mi trovai davanti, ammettendo una certa invidia nei confronti delle vigne della cantina di cui tra non molto vi racconterò; esse si godono lo scorrere del tempo su questa tela, che si muove e cambia continuamente gli orizzonti senza smarrire la sua natura.

L’Azienda Agricola I Mandorli esordisce in questa narrazione assieme ad una figura piuttosto emblematica, il vignaiolo Andrea Bargiacchi, un personaggio alla mano che lascia appena trapelare, nella sua affabilità, una fermezza disarmante. Come avrete intuito l’intera giornata si perde tra le vigne, circa sei ettari, di cui, poco più di quattro in produzione. Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e le più recenti, Aleatico e Vermentino Corso, si presentano come un giardino apparentemente scapigliato, svelando così la ragione di un introduzione, a questo scritto, tanto azzardata quanto essenza della conduzione dei vigneti e dei vini che se ne ottengono.
La biodinamica, secondo il vangelo di Alex Podolinsky, ha accompagnato la cantina sin dai primi anni, quando Massimo Pasquetti, attuale proprietario, decise di acquisire i territori nel 2002. Nel tempo sono mutate le tecniche, gli ettari e le varietà vitate, ma resta immutato lo spirito con cui viene gestita l’azienda, non senza una sana dose di scetticismo nei confronti di questa filosofia produttiva che da sempre ha fatto e fa discutere.

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