Lo scorso settembre, durante una delle mie classiche scorribande enologiche alla scoperta di vini di territorio e di belle storie da raccontare, ho avuto la fortuna di imbattermi nella cantina Arcari + Danesi, posta sul versante sud del Montorfano nel comune di Coccaglio, la parte più meridionale della Franciacorta DOCG.
Al mio arrivo rimasi subito incantato dal paesaggio, un piccolo anfiteatro vitato baciato dal sole ed interamente circondato da boschi.
“L’azienda Agricola Arcari + Danesi si trova sul versante sud del Montorfano, la parte più meridionale della denominazione Franciacorta”

Fui accolto da Arianna che mi invitò subito all’interno della sala di degustazione e mi introdusse alla storia di questa cantina. L’azienda agricola nasce nel 2006 da un’idea maturata già molti anni prima da Giovanni Arcari e Nico Danesi. I vigneti, principalmente Chardonnay e una piccola percentuale di Pinot Bianco, si trovano quasi tutti a Coccaglio a ridosso della cantina, dove si estendono per circa 5 ettari. Altri loro piccoli appezzamenti si trovano, più a nord della denominazione Franciacorta, a Capriolo e a Passirano, dove troviamo il Pinot nero alla base del loro Blanc de Noir.
“L’azienda agricola Arcari + Danesi nasce nel 2006 da un’idea di Giovanni Arcari e Nico Danesi”
Per la degustazione ci raggiunse anche Giovanni Arcari, il quale mi introdusse il “Metodo Solo Uva” con il quale nel 2009 scelse di produrre i suoi Franciacorta. Questo processo nacque dalla volontà di Giovanni Arcari e Nico Danesi di creare uno spumante che fosse unico, forte di una propria identità. Si chiesero infatti quale fosse l’unica cosa non replicabile e distintiva della loro azienda… e la risposta in questi casi può essere solamente una: il territorio o, come dicono i francesi, il terroir, che obbiettivamente in Franciacorta è molto diverso rispetto alla Champagne sia per latitudine, sia per la sua morfologia.

Secondo Giovanni l’unico modo per permettere alle uve di esprimere il proprio carattere varietale, ma soprattutto la propria provenienza, è quello di consentirgli di raggiungere la piena maturità fenolica. Questo approccio è totalmente diverso da quanto si è sempre fatto fino ad oggi, vendemmiando anticipatamente alla ricerca di acidità elevate per poter emulare il metodo Champenoise, ideato e sviluppato in Francia. Questa piena maturità permette al produttore di contenere già naturalmente nelle uve tutti gli zuccheri di cui ha bisogno sia per la prima fermentazione (vino base), sia per la rifermentazione in bottiglia e per l’eventuale dosaggio post sboccatura. Di conseguenza, la materia prima contiene già tutto ciò di cui si ha bisogno e genera un modello produttivo più sostenibile rispetto a quello classico, nel quale viene utilizzato zucchero di canna importato da altri paesi. Ma oltre a questo, secondo Giovanni, questi zuccheri esogeni sviluppano poi nel vino sensazioni e aromi completamente differenti rispetto a quelli naturalmente autoprodotti.

Fortuna volle che il giorno della mia visita, il 4 settembre, le uve si trovavano ancora in pianta, baciate dal sole, erano di uno splendido colore giallo intenso e nei singoli acini si riusciva a scorgere in trasparenza i vinaccioli al loro interno, cosa tipica delle uve ben mature. Assaggiandole sono riuscito a comprendere meglio tutto ciò che mi era stato spiegato precedentemente da Giovanni: erano dolci e ricche di aromi, una materia prima a dir poco eccellente!
Pinot Bianco Chardonnay
“Per il metodo SoloUva le uve vengono raccolte solamente al raggiungimento della piena maturità fenolica”
Passammo poi all’assaggio dell’intera linea di Franciacorta, compresi due prodotti dell’Azienda Agricola SoloUva con la quale loro sono in società. Descrivendoli tutti mi dilungherei troppo, per cui mi limiterò ai due calici che maggiormente sono stati in grado di trasmettermi i concetti di questo nuovo affascinante metodo.
Partimmo dal SoloUva Dosaggio Zero, un Blanc de Blancs senz’annata, prodotto da sole uve Chardonnay dei vigneti ad Erbusco, che sosta 36 mesi sui lieviti. L’aspetto era splendido, perfettamente limpido, luminoso e dal perlage finissimo. Portando il calice al naso ho percepito subito profumi freschissimi, tra cui il più netto era il fruttato, che richiamava proprio l’uva stessa, accompagnato da sensazioni che richiamavano i fiori bianchi e una delicatissima nota di lievito appena percettibile. Anche al sorso ho trovato un gran frutto, saporito, accompagnato da delicata freschezza e sapidità, capaci in sinergia di donare grande bevibilità e piacevolezza al prodotto, che non sente assolutamente la mancanza di acidità più taglienti spesso riscontrate all’interno della denominazione a causa di vendemmie (molto) anticipate. Vino schietto e diretto, rispecchiava tutto ciò che mi era stato raccontato da Giovanni.

Passammo poi al Franciacorta Arcari+Danesi Dosaggio Zero 2014, prodotto con le uve Chardonnay e Pinot bianco dei vigneti adiacenti alla cantina sul Montorfano, che sosta un minimo di 30 mesi sui lieviti. Il colore era molto più intenso, limpido e luminoso. Al naso presentava maggiore intensità, con un gran frutto anche in questo caso, ma con sfumature più mature accompagnate da profumi che ricordavano il miele di tarassaco, il cioccolato bianco e la nocciola. In bocca era ricco: un’esplosione di aromi accompagnati da una marcata sapidità e una piacevole delicata acidità. Nonostante fosse ricco in struttura e persistenza, richiamava continuamente al sorso, non stancando mai il palato.
Questa mattinata trascorsa da Arcari+Danesi non mi ha lasciato semplicemente un bel ricordo legato alla visita, ma mi ha permesso di portare a casa molti spunti su cui riflettere. Questi spumanti mi hanno trasmesso chiaramente ciò che possono apportare ad un calice di metodo classico delle uve perfettamente mature, cosa che mi sarà sicuramente utile da ora in poi quando mi approccerò a questo affascinante prodotto.
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